Al capolinea della prostituzione

Temat przeniesiony do archwium.
In periferia, fra i ragazzi italiani e romeni della capitale che si prostituiscono

Stazione Termini a Roma, otto di sera di sabato. Le auto procedono lente, con i loro occupanti avvolti in scie di profumo e promesse di una pizza con amici, discoteche, serate ammiccanti. Christian e Gino attraversano la strada senza lanciare loro uno sguardo. Sono magri, non particolarmente alti. Indossano jeans aderenti e giubbotto, hanno 20 e 17 anni, potrebbero trovarsi perfettamente a loro agio in una delle tante auto del traffico della stazione, e invece puntano dritti al capolinea del 105.

L’autobus è lì, fermo, già pieno. Cingalesi, filippini, cinesi, africani di chissà quale paese a sud della Nigeria, e soprattutto rumeni e italiani. C’è una discreta percentuale di giovani curati, al di sotto dei venti anni. Christian e Gino si infilano miracolosamente tra un corpo e l’altro. Qualche minuto dopo sale l’autista. Sta per chiudere le porte quando con un salto e una spinta salgono gli ultimi due. Ragazzi anche loro, jeans e giubbotto, biondi, magri, agili. Si chiamano Yuri e Nicola, hanno 15 e 19 anni, sono rumeni.

Una ventina di minuti di semafori, porte aperte fra le proteste di chi ogni volta deve spostarsi per far scendere gli altri, e si arriva alla fermata di Tor Pignattara. Christian e Gino si fanno largo tra i corpi, scendono. Percorrono tutta la via di Tor Pignattara fino al cavalcavia con la Tuscolana. Qui i lampioni sono molto più radi, anche i palazzi. Davanti a loro si distende una radura immersa nel buio. Vista su una cartina sembra un’immensa area abbandonata. «Che cosa ci facciamo qui? Qualche soldo, lavoriamo. Qui ci vengono quelli che hanno voglia di ragazzi come noi, pagano abbastanza bene», spiegano. Quanto? «Dipende da quello che fai...» sorride Gino allontanandosi.

Il patron li accoglie con un’occhiata di rimprovero. Per Christian c’è già il primo cliente: si apparta fra i cespugli con un cinquantenne dallo sguardo infuocato e la camicia ben stirata. Gino rimane appena dieci minuti in attesa. Un uomo di età indefinibile, cranio lucido e pancia prominente, cellulare attaccato all’orecchio e mocassini scamosciati, lo porta via con sè dietro un cespuglio più lontano. Il patron osserva soddisfatto. La serata è iniziata.

Anche Yuri e Nicola, i due ragazzi romeni, stanno per prendere servizio. Sono scesi al capolinea del 105, a Grotte Celoni. Una strada si inoltra verso l’interno fra capannoni addormentati. Arrivano ad un deposito delle Poste. «Qui non è come per i due scesi a Tor Pignattara - spiega Nicola, guardandosi intorno - qui ci si accontenta tutti di quel che c’è. Soldi ne vedi solo se sei bravo. I ragazzini come Yuri devono farsene cinque o sei ogni notte per mettere insieme un centinaio di euro».

Non dicono altro. Superano le sbarre, diventano due ombre nere nella notte. Si fermano solo quando sono nella conca illuminata a malapena dalle luci lontane della strada. Il patron li controlla seduto su una terrazza di un palazzo affacciato sulla distesa d’erba, televisione accesa senza volume da un lato, binocolo ad infrarossi dall’altro.

Il sabato scorre liscio nelle due radure a poche centinaia di metri di distanza. Lì non succede mai nulla, nemmeno uno scippo, un furto di telefonino, nulla che possa costringere un agente o un carabiniere a farsi un giro nei paraggi. Verso mezzanotte Christian e Gino salgono di nuovo sul 105. A quell’ora è più facile trovare posto. Si siedono, hanno l’aria allegra, i soldi della serata infilati nella tasca posteriore dei jeans. Christian sorride, parla a voce bassa: «Quanto siamo rimasti lì? Nemmeno quattro ore, ora abbiamo duecento euro in due e una notte intera per spenderli». Quando il 105 arriva alla stazione Termini scendono con passo sicuro. Non lontano c’è quel bar dove qualcosa per riprendersi e rimettersi in sesto non te la nega nessuno se hai come pagarla. Quando hanno la bustina in tasca resta solo da scegliere il locale giusto dove andare.

Yuri e Nicola invece sono ancora nella conca di nessuno a Grotte Celoni. «Il nostro problema non è procurarci un po’ di soldi per pagare discoteca e sballo del sabato sera». Loro il 105 lo prendono ogni sera, o quasi. Ci restano tutta la notte. Perchè c’è sempre un ultimo cliente verso le sei del mattino. Nei giorni feriali sono operai, facchini, impiegati delle fabbriche e dei magazzini dei dintorni. Di domenica sono gli ultimi tiratardi delle discoteche della capitale.

Per quanto tempo vivranno così Yuri e Nicola? «Perché non dovremmo? Paghiamo un appartamento all’Esquilino, abbiamo telefonini, vestiti alla moda e 6-700 euro da mandare ogni mese ai parenti». Ma loro sanno? «No, nessuno sa da dove arrivano i nostri soldi, nè che ci amiamo». Non lo sanno nemmeno i genitori delle decine di altri ragazzini rumeni che si guadagano la vita prostituendosi nella conca di nessuno di Grotte Celoni. Nè quelli dei ragazzini italiani che con il sesso si pagano il sabato sera.

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