La vergogna dei poveri nel paese dei ricchi

Temat przeniesiony do archwium.
Veneto.Operai, pensionati, precari: sono costretti a vivere ai confini dell´indigenza. E nel Veneto ricco scappano anche dalla vergogna

Genitori single, operai, pensionati, bancari. Hanno un lavoro a basso reddito o saltuario. Agli immigrati contendono le elemosine, ai vicini invidiano il successo. E in un attimo passano dall´ufficio alla strada e dal tavolo di famiglia alla mensa delle suore. Nascondendosi L´indice di disuguaglianza tra chi ha poco e chi molto è il più alto del continente Per la prima volta le imprese chiuse superano quelle aperte. La crescita è sotto il 2% La terra più ricca del mondo nasconde il suo ultimo, imprevisto, osceno prodotto: il povero. La carriera del disperato, tra i capannoni della "Manchester d´Italia", è facile e fulminea.

Quella di Luca, 35 anni ricercatore, esemplare. È bastata la chiusura della società che gli affidava le analisi di mercato. I risparmi sono finiti in due mesi. Ora deve scegliere: o mantiene la moglie e il figlio, o paga il mutuo della casa. La sera fa il giro dei negozi per ritirare mele e pomodori che iniziano a marcire. Nella regione più elegantemente "capannonizzata" d´Europa, dove la disoccupazione ufficiale coincide con i giorni di vacanza alla fine degli studi, non occorre però perdere il lavoro. Chi fa la coda per la borsa-spesa dei frati di S. Lucia, ha il posto fisso. A Mario è successo dopo la fine dell´amore con Michela. Settecento euro per l´assegno di mantenimento dei due figli, quattrocento per un nuovo affitto, centocinquanta per bollette e benzina. Divorziare è un diritto da imprenditori: un professore separato, a entrare alla Despar, non ce la fa. Ma nemmeno una sarta, come Silvana. Fino all´anno scorso, a Valdagno, trascorreva la primavera sfogliando i cataloghi dei villaggi-vacanze in Sardegna. Perso il marito, passa il sabato a pulire magazzini. La domenica esce a pranzo con la figlia: 90 centesimi a testa, carne e contorno nella mensa della Caritas. «La festa - dice - mangiavamo sempre fuori. Non voglio che mia mamma capisca».

Il fronte dei poveri più invisibili, nel Veneto dei ricchi più appariscenti, sono però le parrocchie. È ancora qui, nelle sacrestie discrete della Pedemontana, che attorno alle sette del mattino si infila un ateo esercito di bancari, operai, commesse, manovali, cameriere e pensionati. Sono gli stessi che un´ora dopo si incontrano in giro, al lavoro. Agli immigrati contendono tre cose: vestiti, scarpe, panini. «Sono troppe - dice l´economista Enzo Rullani - le famiglie che viaggiano sotto i 1300 euro al mese. È un segmento importante di società, alimentato da quel macigno impressionante che è la paralisi decisionale dell´apparato pubblico».

Se c´è la gita scolastica da pagare, si spiega che il figlio ha la febbre. Quando si scopre il ticket, si rinvia la visita medica all´autunno. Se si rompe la lavatrice, si unisce distrattamente il bucato a quello dei nonni. A Padova ha appena riaperto il vecchio banco dei pegni e le gioiellerie sono tornate ad esporre un cartello: «Compro oro». Clienti di questa mattina: signore con i denti guasti, universitari con la retta annuale, padri con la rata dell´auto, artigiani con le cambiali per le tasse. Tutti veneti, venetissimi, normalissimi e perfino convinti serenissimi. Eppure, a Dueville, sul cavalcavia c´è scritto: «Via i poveri».

Un´amnesia, nella culla dei «poareti» emigrati in mezzo mondo. Ma è qui, davanti ad una fila di Rolex d´oro in vetrina, che si annuncia il vento di una crisi senza precedenti. Gli orologi sono in «offerta cresima». Dietro l´estremità dell´eccesso affiora l´impercettibile punta dell´iceberg dell´impoverimento sommerso del Paese. Dentro, si sente lo scricchiolio di una regione ancora ricca, ma terrorizzata dallo spettro di un passato di privazioni.

Una frana in movimento. «Se anche il Veneto comincia a non farcela più a stare dentro - dice don Giovanni Sandonà, direttore della Caritas di Vicenza - significa che l´Italia ha rinunciato ad affrontare la sua emergenza più drammatica». Le cucine popolari di via Tommaseo, davanti alla stazione di Padova, occupano i duecento metri più miserabili del forziere del Nordest.

Fino a tre anni fa, suor Lia serviva immigrati, barboni, prostitute e drogati.

Ora la metà dei buoni-pasto viene presentata dai pendolari del centro, decorosi e umidi di colonia, e dai vecchi del quartiere Due Palazzi, sempre protetti dal berretto di lana. Sono le 13 e la mensa somiglia ad un forte assediato. Sulla strada stazionano due Mercedes grigie dei «Comitati per la sicurezza». Le ronde della Lega controllano chi entra e chi esce e distribuiscono volantini: «Via la feccia e i fannulloni». Pensavano ai clandestini. Invece scoprono che «la feccia» è sempre più «padana», sempre più «normale», sempre più «occupata», praticamente «gente di famiglia». Uno choc. «È impressionante - dice suor Lia - la rapidità dell´incattivimento sociale. Si pretende di ghettizzare il bisogno in aree invisibili. Non vogliamo vedere la povertà perché smaschera il deserto che la genera». Il problema è che molti la misurano, ma pochi ci riescono. Tra Verona e Treviso la povertà è una colpa, una malattia, una vergogna. Chi si macchia di questo reato deve nascondere il suo sigillo. O fuggire. «Conosco famiglie - dice il poeta Andrea Zanzotto - che riprendono i treni dei nonni emigrati in Francia e Germania, o che ripartono per le Americhe. L´onda della ricchezza sicura è passata. Ma a far soffrire di più non sono le ristrettezze: scappano dal giudizio di fratelli e amici, dal confronto impietoso con il successo dei vicini». Del resto la «zona grigia», anche nella «Cina d´Europa», si allarga. Il Banco alimentare del Veneto, nel 2007, ha distribuito 497 tonnellate di cibo ad oltre 50 mila persone. I dormitori sono schizzati a quota 566, le mense popolari a 4974, i centri che distribuiscono vestiti a 1147. Due utenti su tre sono locali. Le famiglie povere, con meno di 1581 euro in quattro, sono 86969: 280 mila individui sotto i 582,20 euro al mese. L´area a rischio povertà quest´anno supererà il 12%, 530 mila persone: la seconda città della regione. Un povero su 5 ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato e il 23,9% della popolazione non è in grado di reggere una spesa imprevista. Il 16,1% fatica ad acquistare alimenti e vestiti necessari. Nell´ultimo anno, nei ricoveri notturni della regione, la presenza di italiani è raddoppiata. Solo a Padova il 70% delle pensioni è inferiore a mille euro al mese. A Treviso l´indigenza assoluta, in sette anni, è cresciuta di un terzo e per la prima volta supera il 5%. A Vicenza il microcredito diocesano, che offre un massimo di 3 mila euro per fronteggiare difficoltà economiche temporanee, è aumentato del 50%: sette domande su dieci sono di vicentini con il posto fisso. «Rispetto al resto d´Italia - dice il direttore scientifico della Fondazione Nordest, Daniele Marini - restiamo un´isola felice. Per la prima volta però le imprese chiuse superano quelle aperte e la crescita è sotto il 2%. L´inedito impoverimento è frutto di grandi difficoltà nascoste».

Tra Schio, Thiene, Bassano e Montebelluna la processione dei «neocolpevoli di povertà» inizia alle 9. È la faccia della crisi di tessile, calzaturiero e abbigliamento. Davanti ai centri per l´impiego, fuori dalle 62 neonate «Agenzie di somministrazione di lavoro temporaneo», vagano centinaia di persone. Stipate nelle auto per dividere la benzina, fanno il giro di tutti gli sportelli. Depositano domande, verificano proposte. La maggioranza è del posto, tra i 45 e i 55 anni. Otto su dieci hanno un diploma di scuola superiore. Nove su dieci, perso il posto, non ne trovano un altro. Gli immigrati, disposti a tutto, vengono assunti direttamente. Per questo i veneti impoveriti odiano gli stranieri in fuga dalla fame. Criminalità e sicurezza coprono il problema più profondo: la concorrenza per una vita normale. Il nemico, però, è comune: Cina, India, l´Est, il pezzo di mondo che sta scatenando il cortocircuito del Triveneto. Come a San Vendemiano.

Leggendo la «Tribuna» il popolo dei mutui a tasso variabile ha scoperto che il secondo contribuente del paese, dopo Del Piero, è diventato uno sconosciuto contoterzista di Pechino. Solo protetto dall´anonimato il direttore di un ufficio di collocamento accetta di spiegare «la devastante guerra contro il fallimento» che scuote la culla del benessere. «Il cancro - dice - sono le agenzie interinali. Dovrebbero assumere, trattenere l´1% dello stipendio, garantire la paga nei periodi di mobilità. Nessuno applica la legge. La crisi è drammatica, la concorrenza spietata. Si tengono fino al 15% della paga, se finisci a spasso non coprono nulla. Prendere o lasciare: i ricchi diventano ancora più ricchi e la nuova massa dei poveri, per le statistiche, non è neppure disoccupata». Antonio, 39 anni di Arsiero, bussa da due anni alla porta dei suoi «agenti». Perito meccanico, raccatta meno di 500 euro al mese facendo il facchino a giornata. In aprile, lo sfratto. La moglie, con i due figli, è tornata nell´appartamento della madre. Troppo piccolo, per tutti. Lui, per un letto, fa il badante della zia.

La famiglia si riunisce ai giardini, dove la sera mangiano triangoli di pizza avanzata. Fino al 2006 era una famiglia normale: ora sono stritolati dal prestito chiesto ad una finanziaria on-line. «Ci ostiniamo a parlare di povertà - dice il sociologo Alessandro Castegnaro - invece il dramma è la nuova vulnerabilità. In tutta Italia cresce spaventosamente una invisibile società vulnerabile, con il fiato sul collo, priva di risorse per l´imprevisto. Si discute di Pil e competitività, si tace la mancanza di una rete di protezione contro l´esclusione sociale, contro la nuova esposizione di massa all´impoverimento».

In pochi giorni, senza colpa, si può finire dall´ufficio alla strada, dal tavolo di famiglia alla mensa delle suore. «La precarizzazione della vita - dice la ricercatrice Maria Bezze - è l´incubo fuori statistica che mina la nostra civiltà».

Matrimonio, lavoro, casa, pensione, possono saltare in ogni momento. Le conseguenze, psicologiche e politiche, sono incontrollabili.

All´Auchan di Mestre la «sindrome della quarta settimana» è una barzelletta vecchia. Bar e pizzerie si svuotano già con la seconda. Dalla metà del mese la pasta di marca resta sugli scaffali. Nella terza esplodono le spese con le tessere di credito. «Poi - dice la veterana delle cassiere - lavoriamo tre ore al giorno. E solo con le offerte». Una bomba innescata e sepolta. Vendere auto e telefonino, disdire il satellite e ripiegare su Jesolo, in Veneto non è un ritorno alla semplicità.

«Senza negri, cinesi e zingari - dice Nicola, 52 anni, contabile in una cartiera di Rossano - ce ne sarebbe per tutti. Scegliamo quelli che ci servono e teniamoci le badanti: gli altri a casa loro». Un percorso elementare, bruciato in pochi anni: sacrifici, ricchezza, impoverimento, paura, territorialismo, xenofobia, tolleranza zero. «I numeri - dice Tiziato Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan - non bastano a leggere la vita.

La miseria del Veneto, come nel resto d´Italia, è molto peggiore di quanto appaia. I tempi di reazione dello Stato sono inadeguati e stanno per scadere.

Siamo l´unica nazione europea priva di un piano di lotta alla povertà. Si confonde il welfare con la carità, seminiamo soldi invece che organizzare servizi. Così l´indice di disuguaglianza tra ricchi e poveri è il più alto del continente».

Steso su una panchina della stazione di Verona, Tiziano non ci ha mai pensato. Ha 59 anni, da 40 lavora in una segheria. Fino a ottobre era caporeparto. Poi gli hanno scoperto una malattia rara, contratta in Costa D´Avorio. È uscito dall´ospedale a fine maggio. Non ha più trovato la moglie, la casa, il lavoro. Fruga nei cestini e non sa, come dice Chiara Saraceno, che «anche la Finanziaria 2008 accentua gli squilibri redistributivi e non prevede misure per il contrasto della povertà». Per lui contano solo tre parole, che ripete come un rosario: «Sono rimasto solo».

È questa la condanna muta che incombe su una terra di irripetibile grandezza, apripista per il resto del Paese: il passaggio dall´indigenza inconfessata alla rottura delle relazioni personali. L´Italia della povertà facile regredisce nella solitudine cronica. Anche il Veneto della solidarietà, tra Schio e Mogliano, avverte per le prima volta la febbre della sconnessione sociale. «Perché siamo fatti così - dice lo scrittore Ferdinando Camon - : senza soldi e lavoro prima ci chiudiamo, poi esplodiamo.

Qui nessuno si rassegna, piuttosto sparisce. Ormai o si vive in nero, o si è morti: ma se la legalità diventa un lusso per pochi, il federalismo di Bossi fa ridere. Nell´impoverimento cresce solo una generazione violenta e pronta a tutto».

Corso Palladio, a Vicenza, è la sintesi dell´opulenza nordica al crepuscolo. Una mamma torna da scuola con la figlia. Controllano i prezzi di certe pentoline. Li scrivono in un quaderno, uno ad uno.

Poi passano al negozio di biancheria, quindi dall´orefice.

Compilano cataloghi completi per altri, imminenti shopping immaginari. Un barista dice che ogni giorno è così. Fino a settembre faceva la chimica in un caseificio. Adesso, la sera, porta la bambina dagli ex suoceri, indossa il vecchio camice e bussa al santuario di Monte Berico. Non ha più un euro, mai un acquisto, pulita come la felicità. Replica la commedia di un ruolo e interpreta un sogno, come i sommersi di un Veneto nuovo. Quel «Momento», nella vita, è passato e non se ne sono accorti. GIAMPAOLO VISETTI la Repubblica
ci vorrebbe un ritorno al passato, con gente passata.
Comunque questo è un problema mondiale...oggi ci sono,domani no.
L'unica soluzione è la "soluzione" :D
mito del posto fisso... e nessuna mentalita' di mobilita' all'interno del territorio italiano ( mobili sono solo dal sud che emigrano in italia ).

mito della casa di proprieta'. Mito di tutto quello che e' stabile e sicuro.

L'economia corre, e l'italia non ci sta dietro. Smettiamo di dar colpa alla politica, e aspettare che risolvi in problema Italia. La colpa e' in ognuno di noi... che stando "seduti" non abbiamo saputo tenere il passo di modernizzazione dell' europa che cavalca......

Io la penso cosi... i veneti mi criticheranno... sono pure io Veneto.. di Verona.
Ho sempre pensato a questa cosa e penso che siano i mali dell'Italia. Ognuno e' libero di pensare come la vuole... ma io penso cosi...
Cristian
"che emigrano al nord"
mah...si pensa sempre che le cose difficili siano le più idonee a risolvere i Nostri problemi...ma perchè?

Dov'è il problema se si ha il posto fisso?
Dov'è il problema se si ha la casa di proprietà?
Perchè i politici non dovrebbero risolvere problemi così importanti?Hanno, si fa per dire, gli strumenti...o dovrebbero averli!
L'Europa che è avanzata negli ultimi anni ha saputo gestire la situazione.
In Polonia non esiste il "posto fisso" ? Case di proprietà?
In tutto il mondo...o quasi...esistono

Esempio:

Uomo/Donna ...40 anni. L'azienda in cui lavora va in crisi, ci sono esuberi, si va in cassa integrazione (nelle migliori delle ipotesi), si ha un mutuo da pagare poichè 8 anni prima visto l'andamento abbastanza positivo nella tua vita hai voluto iniziare a far qualcosa di "concreto".
Hai dei bambini da mantenere, una moglie che solo con il suo lavoro non ce la può fare (e almeno lei "ancora" l'ha)...e una età che trovare lavoro può essere difficile.
Prova ad andare a dirglielo a loro che la colpa di tutto sono loro stessi e la loro incapacità di mobilità ;-)

Se si cade in moto su un circuito ben preparato le probabilità di farsi male e di lasciarci la pelle è molto più bassa rispetto allo stesso incidente in una strada normale.Perchè? Perchè ci sono vie di fuga che ti permettono di scivolare un po' e poi rialzarti,aggiustarti e ripartire per una nuova gara.
Ecco quello che servirebbe...mica tante storie e dire che il problema sono i lavoratori...troppo facile!:)
>"che emigrano al nord"
I meridionali sono sempre stati molto "emigranti", sono andati persino in Australia e in America Latina (anche dal Veneto nel '900 devo dire c' e' stata molta emigrazione), e molti raggiungono i loro attuali cugini. Adesso si puo' con un diploma in tasca, ma anche senza: Germania, Svizzera, Belgio sono pieni di italiani in percentuale. San Paolo in Brasile e' la citta' piu' italiana del mondo con 8 milioni di italiani!
Certo, se ritornasse un periodo di crisi economica e di totale assenza di speranza... si ritornerebbe a fuggire.
Non un trasferimento volontario, bensi' una fuga dall'Italia!
Zante, tu come la vedi? Si parte per migliorare in futuro il proprio paese o poi non si ritorna piu'?
Si, sono d' accordo con l' analisi di Mascalzone Latino. Che male c' e' a desiderare "una vita tranquilla"? La stabilita'?
Uno stato sociale perfetto deve garantire per tutti il diritto alla casa e al lavoro. Se poi uno vuole trasferirsi e approfittare delle regole europee, ben venga, ma dev' essere una scelta, non una costrizione.
ecco...proprio queste parole: Che male c'è desiderare una vita tranquilla ;-)
Mi avete capito male.

Intendevo dire, che molte persone non sfruttano le proprie capacita personali

Perche ? Perche tra un posto fisso e la possibilita di migliorare la propria carriera, scelgono in primo.

Ad esempio ? Magari si preferisce stare nello stesso posto, avere piu o meno qualcosa da fare , e continuare a sfruttare la propria esperienza sempre nello stesso modo. Magari nella citta a fianco stanno cercano proprio una persona come te... con delle occasioni in piu di migliorarsi.

Abitando in germania ho visto molta mobilita', e appunto mettere in primo piano la mobilita', il fatto di spostarsi per lavoro. In italia siamo troppo con i piedi cementati, e ci facciamo spesso fuggire occasioni di miglioramento personale che sono nella citta a fianco.

Ricambio , mobilita, sviluppo personale, la casa di proprieta non ci sta male, ma qui in italia questo concetto e' proprio ESAGERATO. Troppo troppo troppo.
stef... a te: mi piacerebbe migliorare il proprio paese ma: lo sento sempre meno mio, mi sento di pensarla troppo diversamente rispetto alla maggioranza delle persone... o meglio degli amici che quando parlo in maniera cosi critica, mi guardano come se venissi da marte...

allora non ci sto bene qui, ed penso che se tornero, sara quando saro in pensione. Chiaramente mi riferivo al mercato del lavoro e al modo in cui si lavora nel mio campo, di informatico, allora non ho intenzione di lavorare piu in italia. Se torno, quanto saro in pensione, per godermi il "Bel Paese" .... mi spiace.
Se a un bambino togli una caramella lui piange ma il giorno dopo o dopo un po', una caramella gliela si ridà:P

Questo per dire che probabilmente fuori dall'Italia, se si perde un lavoro a 3[tel]anni, in qualche modo si viene reinseriti nel mondo lavorativo.
Forse, o meglio, quasi sicuramente questo in Italia non succede e la gente giustamente ha i propri timori.Mica si vive solo di eroismo nelle proprie scelte.

Con i tempi che corrono chi lascerebbe un posto fisso e sicuro, per anche solo 1000€ al mese, per un posto non altrettanto sicuro per anche solo 13[tel]€?
Può andare bene come andare male...ma le variabili in gioco sono alte.
Perciò alla fine (vista la situazione Italiana e mondiale), a mio modestissimo parere, è meglio una vita tranquilla e pacifica e abbastanza "sicura" che una altrettanto tranquilla e pacifica ma con la variabile: "perdita lavoro" ad una età non "adatta" per i capoccia?

Il tuo discorso regge se c'è uno Stato sociale dietro.
lavoro nello stesso campo...e ti posso dire che fa un bel po' schifo in Italia.
Il nostro campo è visto come qualcuno che non fa nulla.Sarà perchè non ci si sporca le mani:D.
Oppure è visto come un campo dove muovendo mouse e battendo qualche tasto...escono progetti faraoinici che i capi si immaginano.
All'estero sicuramente non è proprio così...ma è un campo altamente rischioso.
Tornassi indietro studierei cucina...la professionalità e anzianità in quel campo contano in tutto il mondo:)))
Fuori dall'Italia le realta sono diverse (ma non sempre migliori).....
Le problematiche "varie" e le mentalita' "comode" dell'italiano medio,hanno portato alla situazione in cui siamo....ogn'uno tiene quello che ha (a discapito anche di eventuali miglioramenti),nessuno vuol uscire (anche perche' lo stato non te lo permette molte volte) dal proprio guscio che molte volte risulta essere quello ancora dei nostri genitori.Ma cosa ci guadagnamo?Che siamo sempre un passo indietro....e te ne accorgi quando hai la possibilita' di "scontrarti" con altre realta'.
La colpa e' anche, ma non solo, della politica e dello stato....ma e' anche colpa di chi (pur avendo la possibilita') non vuole cambiare.Potete dire:"si ma sono scelte mie" e' vero....ma queste scelte diventano le regole e chi ha scelto (o sceglie) diversamente....e' COSTRETTO ad abbandonare tutto per "desiderare una vita tranquilla".
si sta aprendo un discorso interessantissimo. Sono completamente in disaccordo con te Mascanzone, ma ognuno la pensa come vuole :)

Il fatto pero che non mi sta giu e che praticamente tutti qui in Italia la pensano come te... purtroppo ripeto mobilita, mobilita, cogliere le occasioni di sviluppo . Lo stato secondo me dovrebbe intervenire in questo. Dovrebbe intervenire , perche gli affitti in Italia sono troppo alti, e si fa fatica a trovare un affitto . Allora per forza che la gente e' poco invogliata a cambiare e rischiare, nessuno dietro non ti appoggia. Per esempio in germania, se traslochi per lavoro da una citta all' altra, lo stato ti permette di detrarre le spese fino ad una certa cifra dalla dichiarazione dei redditi. Ti rimborsa un tot a chilometro per esempio, anche se sei dipendente, per il tragitto che compi per andare a lavoro. Se decidi di spostarti che ne so da Verona a Brescia per lavoro, e continui ad abitare nella tua casa di Verona, ti rimborserebbe un tot a km percorso , che puoi indicare nella dichiarazione dei redditi, non mi ricordo quanto ma comunque copriva la benzina.

Bello no ? Se vai a fare un colloquio di lavoro in Germania... ti rimborsano le spese per andare al colloquio, la azienda che ti ha invitato, o l'ufficio del lavoro se sei disoccupato... Bello no?
Esatto...cosa ho detto? Ho detto che non rischierei mai così grosso in un Paese dove non c'è "protezione" per questo.
E' facile dire rischia "tu"...come dire: "Son tutti finocchi con il culo degli altri" :P...però se non ci sono queste forme di protezioni, affitti, case, tasse, etc etc...chi te lo fa fare?

Esempio:

1)Dipendente fisso in una cittadina di Verona. Con il suo stipendio da 1[tel]€ riesce a vivere.

2)Dipendente di una azienda in questa cittadina di Verona. Con il suo stipendio da 1[tel]€ riesce a vivere.
L'azienda chiude e ti da la possibilità di non perdere il lavoro, ma devi trasferirti a Milano.
Se hai un mutuo nella cittadina cosa fai? Se la moglie lavora anche lei li cosa fate? Aventi e indietro con i mezzi? Benzina? Auto? Gomme? Affitto appartamentino a Milano da minimo 500e al mese? E mangiare? Praticamente lavori per nulla!

Questo è un esempio del mio pensiero.
Quello che dite voi --> mobilità, flessibilità, etc etc...va benissimo e sono d'accordo se ci possono essere delle forme di protezione.
Io in moto non farei mai il pirla come su una pista :D
dai Mascalzone... vieni anche tu in polonia... dai su ;)
Ma non pensi che la politica non affronta questo problema... perche la politica e la riflessione della mentalita popolare... per cui comunque e' colpa della gente che la pensa cosi . Non dello stato sociale che manca, ma del fatto che la gente ha la mentalita' del "posto fisso" e non della mobilita, ed e' per questo che una politica di questo tipo non esiste ?
poi altra critica mascalzone. Nel tuo esempio facevi appunto riferimento ad un caso di "dover" emigrare a milano.

Ma io non mi stavo riferendo a i caso del dover... ma del "voler" ovvero il volere essere mobili e cercare opportunita allettanti... allora vedi che ricadiamo nel concetto che gli italiani non sono mobili... non per colpa dello stato sociale... ma per via della mentalita che hanno ?

Ma sai che male fa a questo stato la non mobilita ? --> tantissimo
penso e già pensato;) ci sono pro e contro e variabili da valutare
hai msn mascalzone ? facciamo una chiacchierata ?

guardate qui ... credo sia interessante da sfogliare

http://www.pieroricca.org/category/italiani-allestero/
probabile...ma anche più probabile che i politici non incarnano la mentalità del popolo ma di qualcun altro...ma vabè, altro discorso;)

Ma tu prima di andare in Polonia hai valutato tutte le variabili, giusto?
Se sei arrivato alla conclusione che le variabili x e y erano maggiori della z...allora vuol dire che la tua scelta sarà giusta.
Magari la maggioranza dei lavoratori valuta le tre variabili e può vedere qualcosa che noi, che non siamo dentro la loro situazione, non possiamo valutare.
ho Skype

bell'articolo ma non voglio mai fermarmi solo alle apparenze di facciata delle cose che vedo,sento,tocco :)
Lo stesso articolo può essere imbottito ad esempio con la differenza di uno che da Agrigento arriva a Bolzano o Trieste.Seppur Italia, con lo stesso sistema, ma molte cose diverse/nascoste.
ho gia abitato in polonia. in polonia ci andavo spesso per il fatto che mia moglie era polacca. dal 1995 continuo ad osservare le cosa come vanno. Ho creduto nel miracolo polacco sin dal lontano 1995, in fatti quello che sta accadendo. In generale mi piace comunque rischiare, per cui non mi tiro indietro :) mi butto, poi si vedra come va.... ti tengo aggiornato :)
se non hai nulla da perdere perchè no:)
Giusto tutto quanto, ma le garanzie se il paese dove sei non te le da' perche' ostinarsi a "incementari" ancor piu?Non se ne uscira' mai.....
Dall'altro canto capisco bene che non sono scelte facili....(io in primis l'ho fatta sulla mia pelle) ci sono pro e contro come in tutte le cose....ma questo non vuol dire non poter cambiare.
Io arrivo da una piccola citta' sul mare della Toscana....lavoravo a 100 metri da casa....la ditta dove lavoravo mi stava stretta...mi sono trasferito per qualche mese a Milano e non era facile....ma solo per poi essere trasferito a Firenze....facendo 240 km al giorno per andare in ufficio per evitare di pagare 300 euro per una camera di 8 metri......(aggiungendo poi gli altri costi)
Finale della storia sono a Varsavia da 3 anni e per ora almeno tutto va per il meglio.....vedi volere diventa potere a volte.
Temat przeniesiony do archwium.

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