Kilkadziesiąt tysięcy osób wzięło udział w zorganizowanych w Bari na południu Włoch obchodach Dnia Pamięci o Ofiarach Mafii. Uroczystości te zorganizowano we Włoszech już po raz trzynasty.
Na czele ogromnej manifestacji, która przeszła ulicami stolicy Apulii, niesiono transparenty z hasłami: "Mafie - precz z naszego życia", "Razem, by wspominać i zmieniać" oraz "Praworządności się nie głosi, tylko się ją praktykuje".
Na wiec przybyli przede wszystkim młodzi ludzie, wiele dzieci z miejscowych szkół oraz działacze licznych stowarzyszeń społecznych walczących z plagą mafii. Było również wielu polityków.
Nawiązując do Dnia Pamięci o Ofiarach Mafii, wicepremier Massimo D'Alema zapewnił w Neapolu, że władze i wszystkie służby prowadzą konsekwentną walkę z włoskimi mafiami. Jak dodał, najlepiej świadczą o tym sukcesy ostatnich miesięcy - fala aresztowań wśród szefów wszystkich największych organizacji przestępczych oraz konfiskata majątku o wartości około miliarda euro.
Zapewnienia te są odpowiedzią na szeroko dyskutowaną w Italii wypowiedź znanego pisarza młodego pokolenia Roberto Saviano, autora głośnej książki "Gomorra". Zarzucił on politykom wszystkich opcji, że sprawa zdecydowanej i skutecznej walki z mafią nie zajmuje centralnego miejsca w ich programach przed kwietniowymi wyborami parlamentarnymi.
- Nikt nie wygra tych wyborów. Jeżeli natychmiast nie zostanie rozwiązany problem mafii, to one będą zawsze wygrywać - ostrzegł Saviano w obszernym artykule opublikowanym na łamach dziennika "La Repubblica".
38-letni pisarz, którego książka o mafii została sprzedana w milionie egzemplarzy, żyje od dłuższego czasu pod policyjną ochroną z powodu pogróżek, jakie otrzymywał.
Źródło : PAP
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Migliaia di persone si sono ritrovate a Punta Perotti
diventato parco dopo l'abbattimento dei grattacieli abusivi
Bari, Giornata della memoria
in centomila per le vittime di mafia
Punta Perotti, l'area dove sorgevano i palazzoni abusivi diventata parco
BARI - E' diventata una grande e colorata festa la manifestazione di Bari in memoria delle vittime della mafia. Sono oltre 100mila secondo gli organizzatori le persone che hanno sfilato per le strade cittadine. Con striscioni, palloncini e volantini migliaia di adulti, ragazzi e bambini si sono radunati al parco Punta Perotti, l'area riqualificata dopo l'abbattimento dei palazzoni abusivi, scelto non a caso per la partenza del corteo della XIII Giornata per l'impegno contro la mafia e per la memoria delle vittime innocenti, organizzata da Libera e Avviso Pubblico.
Sugli striscioni le scritte: "Fuori le mafie dalle nostre vite", "Insieme per ricordare e cambiare", "La legalità non si predica, si pratica". Poi l'elencazione delle vittime delle mafie: ottocento nomi scanditi uno per uno dallo speaker con la gente che ascoltava commossa. A sfilare c'erano gonfaloni dei Comuni di numerose città d'Italia: molti quelli dalla Sicilia e tanti quelli dei Comuni del brindisino e del Salento, dove per lungo tempo ha dominato l'organizzazione di tipo mafioso Sacra corona unita. Tra i partecipanti istituzionali, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, e il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio.
"Le mafie furono e sono un'ipoteca drammatica per lo sviluppo del Mezzogiorno, la compromissione della classe dirigente e l'inibizione delle libertà. Noi affidiamo a queste meravigliose generazioni il testimone di una battaglia fondamentale che tiene viva la memoria" ha detto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. "La memoria dei nostri martiri e dei nostri eroi è per noi anche la bussola per orientarci nel presente e nel futuro. Che Punta Perotti sia un simbolo della legalità - ha spiegato Vendola - è un fatto. Lo è perché l'illegalità non è soltanto violazione della legge ma anche del comune senso della bellezza. Il Sud è pieno di questo genere di stupri alla memoria collettiva, di violenze al bene comune. La nostra è una battaglia per ripubblicizzare questi beni".
"Ricordare e evitare che cali il silenzio" si legge in u n messaggio del ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, inviato agli organizzatori, "sulle migliaia di vittime che la criminalità organizzata ha fatto dai tanti servitori dello Stato ai semplici cittadini, significa rinnovare l'impegno perché la mafia sia sradicata dalla società e perché le ragioni sociali e politiche che ne favoriscono lo sviluppo siano superate e risolte. Allo stesso modo si tratta, come Libera fa da sempre, di battersi per riconquistare alla società intera i beni, a cominciare dalle terra in Puglia come in Sicilia, che i mafiosi hanno sottratto alla collettività".
(15 marzo 2008)
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L'autore di "Gomorra" e le elezioni: nessuno vincerà se si ignora la criminalità organizzata
"Le mafie dominano un terzo del Paese e condizionano interi settori dell'economia legale"
Se un voto si compra
con cinquanta euro
di ROBERTO SAVIANO
Se un voto si compracon cinquanta euro
Roberto Saviano
NESSUNO vincerà le elezioni in Italia. Nessuno. Perché finora tutti sembrano ignorare una questione fondamentale che si chiama "organizzazioni criminali" e ancor più "economia criminale". Non molto tempo fa il rapporto di Confesercenti valutò il fatturato delle mafie intorno a 90 miliardi di euro, pari al 7 per cento del Pil, l'equivalente di cinque manovre finanziarie. Il titolo "La mafia s. p. a. è la più grande impresa italiana" fece il giro di tutti i giornali del mondo, eppure in campagna elettorale nessuno ne ha parlato ancora.
E nessuna parte politica sino a oggi è riuscita a prescindere dalla relazione con il potere economico dei clan. Mettersi contro di loro significa non solo perdere consenso e voti, ma anche avere difficoltà a realizzare opere pubbliche.
Non le vincerà nessuno, queste elezioni. Perché se non si affronta subito la questione delle mafie le vinceranno sempre loro. Indipendentemente da quale schieramento governerà il paese. Sono già pronte, hanno già individuato con quali politici accordarsi, in entrambi i schieramenti. Non c'è elezione in Italia che non si vinca attraverso il voto di scambio, un'arma formidabile al sud dove la disoccupazione è alta e dopo decenni ricompare persino l'emigrazione verso l'estero. E' cosa risaputa ma che nessuno osa affrontare.
Quando ero ragazzino il voto di scambio era più redditizio. Un voto: un posto di lavoro. Alle poste, ai ministeri, ma anche a scuola, negli ospedali, negli uffici comunali. Mentre crescevo il voto è stato venduto per molto meno. Bollette del telefono e della luce pagate per i due mesi precedenti alle elezioni e per il mese successivo. Nelle penultime la novità era il cellulare. Ti regalavano un telefonino modificato per fotografare la scheda in cabina senza far sentire il click. Solo i più fortunati ottenevano un lavoro a tempo determinato.
Alle ultime elezioni il valore del voto era sceso a 50 euro. Quasi come al tempo di Achille Lauro, l'imprenditore sindaco di Napoli che negli anni cinquanta regalava pacchi di pasta e la scarpa sinistra di un paio nuovo di zecca, mentre la destra veniva recapitata dopo la vittoria. Oggi si ottengono voti per poco, per pochissimo. La disperazione del meridione che arriva a svendere il proprio voto per 50 euro sembra inversamente proporzionale alla potenza della più grande impresa italiana che lo domina.
Mai come in questi anni la politica in Italia viene unanimemente disprezzata. Dagli italiani è percepita come prosecuzione di affari privati nella sfera pubblica. Ha perso la sua vocazione primaria: creare progetti, stabilire obiettivi, mettere mano con determinazione alla risoluzione dei problemi. Nessuno pretende che possa rigenerarsi nell'arco di una campagna elettorale.
Ma nel vuoto di potere in cui si è fatta serva di maneggi e interessate miopie prevalgono poteri incompatibili con una democrazia avanzata. E' una democrazia avanzata quella in cui 172 amministrazioni comunali negli ultimi anni sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa? O dove dal '92 a oggi, le organizzazioni hanno ucciso più di 3.100 persone? Più che a Beirut? Se vuole essere davvero nuovo, il Partito Democratico di Walter Veltroni non abbia paura di cambiare. Non scenda a compromessi per paura di perdere.
Il governo Prodi è caduto in terra di camorra. Ha forse sottovalutato non tanto Clemente Mastella, il leader del piccolo partito Udeur, ma i rischi che comportava l'inserimento nelle liste di una parte dei suoi uomini. Personaggi sconosciuti all'opinione pubblica, ma che negli atti di alcuni magistrati vengono descritti come cerniera tra pubblica amministrazione e criminalità organizzata. Nel frattempo il governo ha permesso al governatore della Campania Bassolino di galleggiare nonostante il suo fallimento nella gestione dell'emergenza rifiuti. E non ha capito che quella situazione rappresenta solo l'esempio più clamoroso di quel che può accadere quando il cedimento anche solo passivo della politica ad interessi criminali porta allo scacco.
Tutto questo mentre il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi assisteva muto o giustificatorio ai festeggiamenti del governatore della Sicilia Cuffaro per una condanna che confermava i suoi favori a vantaggio di un boss, limitandosi a scagionarlo dall'accusa di essere lui stesso un mafioso vero e proprio.
La questione della trasparenza tocca tutti i partiti e il paese intero. Inoltre molta militanza antimafiosa si forma nei gruppi di giovani cattolici i cui voti non sempre vanno al centrosinistra. Anche questi elettori dovrebbero pretendere che non siano candidate soubrette o personaggi capaci solo di difendere il proprio interesse. Pretendano gli elettori di centrodestra che non ci siano solo soubrette e a sud esponenti di consorterie imprenditoriali. E mi vengono in mente le parole che Giovanni Paolo II il 9 maggio del 1993 rivolse dalla collina di Agrigento alla Sicilia e all'Italia ferita dalle stragi di mafia: "Questo popolo... talmente attaccato alla vita, che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria, civiltà della morte... Mi rivolgo ai responsabili... Un giorno verrà il giudizio di Dio". Parole che avrebbero dovuto crescere nelle coscienze.
È tempo di rendersi conto che la richiesta di candidati non compromessi va ben oltre la questione morale. Strappare la politica al suo connubio con la criminalità organizzata non è una scelta etica, ma una necessità di vitale autodifesa.
Io non entrerò in politica. Il mio mestiere è quello di scrittore. E fin quando riuscirò a scrivere, continuerò a considerare questo lo strumento di impegno più forte che possiedo. Racconto il potere, ma non riuscirei a gestirlo. Non si tratta di rinunciare ad assumersi la propria responsabilità, ma considerarla parte del proprio lavoro. Tentare di impedire che il chiasso delle polemiche distolga l'attenzione verso problemi che meno fanno rumore, più fanno danno. O che le disquisizioni morali coprano le scelte concrete a cui sono chiamati tutti i partiti. È questo il compito che a mio avviso resta nelle mani di un intellettuale. Credo sia giunto il momento di non permettere più che un voto sia comprabile con pochi spiccioli. Che futuri ministri, assessori, sindaci, consiglieri comunali possano ottenere consenso promettendo qualche misero favore. Forse è arrivato il momento di non accontentarci.
Nel 1793 la Costituzione francese aveva previsto il diritto all'insurrezione: forse è il momento di far valere in Italia il diritto alla non sopportazione. A non svendere il proprio voto. A dare ancora un senso alla scelta democratica, scegliendo di non barattare il proprio destino con un cellulare o la luce pagata per qualche mese.
© 2008 by Roberto Saviano
Published by arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency
(15 marzo 2008)
http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/cronaca/saviano-minacce/voti-venduti/voti-venduti.html