Kiedys w "Corriere della Sera" byla na ten temat dyskusja, oto ona:
L'Italia polacca…
Il nome polacco Wlochy (per Italia) deriva dal fatto che i Romani (ovviamente, si parla di impero romano) venivano chiamati dai barbari slavi Wloch. Attualmente alcune aree geografiche europee invase nell'alto medioevo da tale popolazione, ma allora abitate da gente di lingua latina, sono chiamate Valacchia. Se non erro, anche in ungherese l'Italia come nazione viene chiamata molto diversamente. In tal caso, dovrebbe aver preso il sopravvento la parola unna.
Cesare Gigli
Mi chiamo Ela, sono polacca laureata in Lettere polacche e posso rispondere a Giorgio che ha chiesto sulle origini del nome Wlochy. Sì, è veramente strano il nostro nome d'Italia: "Wlochy". Secondo un dizionario etimologico il nome "Wlochy" ("Wloszy") fu il nome originario polacco per nominare tutti i popoli latini. Questo nome proviene dal nome germano "Walh". Poi volevo aggiungere un'osservazione personale. "Wlochy" è un nome al plurale, che forse meglio rispecchia la diversità del vostro bellissimo paese rispetto al nome "Italia", anche se il nome "Italia" è più bello ed implica l'unità del paese. Tantissimi saluti da Varsavia.
Ela Szymbowska
Un lettore chiede come mai in Polonia il nome dell'Italia è Wlochy.
In questo caso, il nome della nostra nazione deriva dall'epiteto
"Wlosky: uomo dai capelli lunghi", attribuito nel primo Rinascimento agli italiani dai polacchi. Quindi Wlochy potrebbe essere tradotto come "paese dei capelloni".
Florindo Blandolino
Da un po' di tempo seguo con grande interesse la sua rubrica. Qualche giorno fa un ragazzo di nome Giorgio voleva sapere perché
noi polacchi per definire il vostro paese ricorriamo alla parola "Wlochy". Ecco, per quanto ne conosco io, una spiegazione. Tempo fa il territorio al sud della Polonia veniva chiamato "Valacchia" che poi divenne "Wlochy". C'è anche un'altra teoria, meno seria. "Wlochy" significa in polacco "cappelloni"...
Dorota di Danzica
… e altro
Il termine polacco "Wlochy", usato per designare gli italiani, deriva da "Valacchi", popolo di origine latina del IX secolo d. C., che diede il nome alla Valacchia, l'attuale regione della Romania. In risposta a "Dario Fo e la grammatica" del signor Paolo del Guercio. La frase di Dario Fo: "Rieccoci di nuovo in pista nonostante si abbiano oltre 150 anni in due" può essere considerata corretta, perché egli non intende dire "nonostante (noi) si abbiano oltre 150 anni in due" (in questo caso è giusto usare "si abbia", anche se, a mio parere, poco elegante), ma credo si riferisca agli "anni" come soggetto del "si abbiano" ovvero utilizzi la forma riflessiva in luogo del passivo "nonostante siano avuti da noi oltre 150 anni in due". Ancora. Rispondendo a un mio quesito sull'uso del congiuntivo e dell'indicativo nelle proposizioni subordinate quando la reggente indichi certezza, lei afferma che se la certezza è obiettiva (nel caso specifico: "è certo che") è corretto l'uso dell'indicativo, mentre se è soggettiva (nel caso specifico: "sono sicuro che") è corretto l'uso del congiuntivo. Ma chi decide di usare la reggente "è certo che" piuttosto che "sono sicuro che" o viceversa? Naturalmente l'individuo, il soggetto parlante. Quindi, anche "è certo che" può essere considerata reggente "soggettiva", perché è sempre l'individuo a dire una sua opinione che, per quanto indubbia, rientra nella sfera delle sue convinzioni soggettive. A questo punto, visto che, come lei dice, l'indicativo nelle subordinate non è da considerarsi errato, sarebbe più giusto sostenere che sarà la persona, a seconda del suo grado di certezza, a scegliere se usare l'indicativo o il congiuntivo. In fondo, a parte l'uso del verbo impersonale nella prima, le due frasi "è certo che" e "sono sicuro che" sono sinonimiche. Infine. Dubbio sul quesito esposto sulla "Doppia negazione" dal signor Umberto Lepora. Lei sostiene che, nella frase "ACCERTATO CHE LE MANSIONI SVOLTE DA .......... SONO PROPRIE DEL LAVORATORE SUBORDINATO, LO STESSO NON PUO' CHE NON ESSERE CONSIDERATO LAVORATORE DIPENDENTE", il lavoratore sia da considerarsi dipendente. Ma, dato che la frase manterrebbe un identico significato anche nella forma "non può che essere considerato lavoratore dipendente", a mio avviso di più facile comprensione, qual è la regola? il secondo "non" è un inutile accessorio?
Roberto Grisolia
Pozdrawiam,
Dee