wklejam ci dwie recenzje z internetu,
1)Dziennik bridget Jones
Che pasticcio, Bridget Jones!
Per una volta il paragone con il libro non è la prima cosa da evitare. Perché già l’originale Diario di Bridget Jones è un caleidoscopio di mezzi incastonati. Giornalismo, in quanto figlio di una rubrica periodica su The Independent. Letteratura, perché sia nella prima che nella seconda raccolta si gioca con i classici inglesi, dall’onnipresente Orgoglio e Pregiudizio ai Canterbury Tales. Televisione, per i continui rimandi a serie americane e britanniche, e in particolare a Pride and Predjudice, riduzione BBC del romanzo della Austen. Proprio su questa libro e film elaborano un divertente incastro fiction/realtà con il personaggio di Mark Darcy: Colin Firth, ovvero il Mister Darcy che si spoglia in tv, idolo di Elisabeth Bennet e di Bridget Jones, incontra la protagonista nel romanzo e interpreta il suo partner nella trasposizione cinematografica. Sulla carta il film sembrava così capire l’impasto tongue-in-cheek di Ellen Fielding premiandolo col lampo di genio di Darcy-Firth-Darcy. Ma la trovata non ha seguito. Abbozzata e compresa da pochissimi nel primo episodio, dimenticata per manifesta inutilità nel secondo. Così ci ritroviamo con un sequel fiacco e ingrato dopo un primo film già deludente ma simpatico. E con un cast lasciato alla deriva: Firth diviene il solito inglese rigido dei mille cliché, Grant è un perfetto “bel cattivo” ma la sua stessa presenza è tirata per i capelli, e Renée Zellweger si fa macchietta. Troppi i chili presi, troppe le smorfie ostentate, fuori posto le gag sulla neve e in elicottero. La coraggiosa attrice del Texas avrebbe dovuto studiare l’altrettanto bionda e spumeggiante Reese Witherspoon, che nel mini-ciclo La rivincita delle bionde sa bene distinguere tra comico e ridicolo: la sua saga su un’avvocatessa svanita ci ricorda che un sequel commerciale può essere fresco e godibilissimo. Esattamente ciò che non è Che pasticcio Bridget Jones!: prematuramente invecchiato, curvo sotto il peso del successo multi-mediatico, non ha identità. Se non quella di un prodotto fiacco di marketing e nutrito a luoghi comuni: un’occasione sprecata. (Sulla parte in Thailandia, di per sé irritante per il pressapochismo paternal-turistico, ora è meglio stendere un velo pietoso)
2) Natale in Crociera
All’interno di una casa invasa di animali come quella di Biancaneve, la prima che vediamo in scena è Michelle Hunziker, la quale, dopo una serie di scontri-incidenti con Fabio De Luigi, scapolo incallito e piuttosto misantropo autore del libro “Single è bello”, finisce per scoprire che entrambi dovranno fare da testimoni ai futuri sposi Alessia Mancini e Maurizio Aiello, il cui matrimonio si celebrerà su una splendida nave da crociera in rotta verso i Caraibi.
Stessa nave su cui, ovviamente, si ritrova anche l’immancabile Christian De Sica, affermato medico che, dietro l’impegno di accompagnare in vacanza il depresso cognato napoletano Alessandro Siani, piantato dalla fidanzata, nasconde in realtà l’opportunità di dedicarsi indisturbato alla sua giovane e bellissima amante Aida Yespica, lontano dalla moglie Nancy Brilli.
Con abbondanza di volti televisivi ed apparizioni dell’ottimo Luis Molteni e del veterano del nostro cinema di genere George Hilton, si sviluppa quindi su due binari paralleli il primo cinepanettone Filmauro sull’acqua: da un lato viene sfruttata la notevole verve fisico-verbale del mattatore natalizio De Sica, impegnato a regalarci l’ennesimo personaggio fedigrafo ma simpaticamente cinico che tanto ricorda quelli portati sullo schermo dai mitici Alberto Sordi e Vittorio Gassman, dall’altro, tra puzzole, maialini ed automobile a forma di cane come quella dei protagonisti di “Scemo e più scemo”, si strizza l’occhio al pubblico dei giovanissimi, attraverso una certa comicità da cartoon che emerge dalle varie situazioni in cui troviamo coinvolta l’accoppiata Hunziker-De Luigi.
E la famigerata dose di parolacce risulta più limitata del solito, o almeno usata in maniera tale da non apparire fastidiosamente volgare, mentre l’ironia partenopea di Siani sembra spalleggiare positivamente il figlio di Mr “Ladri di biciclette”, che, dopo l’inaspettato abbandono di Boldi, avevamo avuto modo di vedere affiancato da un non convincente Massimo Ghini.
Il resto lo fanno le gag e gli equivoci su cui viene abilmente costruito lo script, orfano del solitamente coinvolto Marco Martani (troppo impegnato nella realizzazione del suo “Cemento armato”?), che lascia l’inseparabile compagno di scrittura Fausto Brizzi insieme allo stesso regista Neri Parenti, Alessandro Bencivenni e Domenico Saverni, già co-sceneggiatori del precedente, deludente “Natale a New York”, del 2006.
Fortunatamente, invece, pur senza acuti, in questo caso ci troviamo dinanzi ad uno dei più godibili e ritmati capitoli della saga De Laurentiis, per merito anche di risvolti meno prevedibili del solito.
La frase: "Single bell, single bell, single…troppo bell!".