L'infermiera venuta dall'est
La storia di Barbara, infermiera polacca, giunta in Italia tre anni fa
di Gaia Baracetti
È stato un medico che lavora con lei all’ospedale di Udine a mettermi in contatto con Barbara, descrivendola come una ragazza in gamba e preparata. Barbara è un’infermiera; viene da Olsztyn, nel nord della Polonia. Lì ha frequentato il liceo infermieristico, poi, mentre lavorava come infermiera, è riuscita a laurearsi in pedagogia, con specializzazione nell’arte dei bambini, una sua passione.
“Ho lavorato tredici anni in Polonia - racconta - però la vita economicamente lì è molto più difficile, c’è un’enorme differenza tra quelli che guadagnano tanto e quelli che guadagnano poco e c’è molta disoccupazione. Un’infermiera, con il suo stipendio, non riesce, per esempio, a comprare casa nè a organizzare la sua vita come qua”.
Barbara ha lasciato la Polonia per problemi economici ed è venuta in Italia tre anni fa, tramite una cooperativa polacca, anche se adesso ha un contratto direttamente con l’ospedale. Prima di venire però ha seguito un corso di italiano: “mi sembrava giusto impararlo un po’: solo i disperati vanno all’estero senza sapere la lingua locale”.
Sono in tante ad aver preso la stessa decisione di Barbara: “Nel periodo in cui sono venuta io - dice - sono arrivati due gruppi di infermiere polacche con due cooperative diverse, circa quarantacinque persone in tutto.” La situazione in Polonia è difficile, secondo lei: “purtroppo negli ultimi anni tante persone giovani vanno all’estero a lavorare, non solo in Italia: anche in Inghilterra, Stati Uniti, Germania, tanti in Svezia”.
“All’inizio per me è stato uno stress - racconta Barbara - però dopo tre anni sto meglio. I primi tre mesi ho lavorato con un tutor e mi sentivo tranquilla, dopo però ho dovuto iniziare a lavorare da sola con tutte le responsabilità, fare terapia, fare il giro col medico. E questo per me era stressante, molto stressante.”
Barbara non era venuta con l’intenzione di restare: “Non avevo progetti fissi, non sapevo quanto tempo sarei rimasta, pensavo di stare un po’ e poi tornare in Polonia, che è la mia casa. Invece poi ho incontrato un uomo, friulano, e adesso i miei progetti stanno cambiando”.
Ha anche ricominciato a dipingere, come faceva in Polonia: ha appena partecipato a una mostra a Udine, e a settembre esporrà anche a Venezia.
In Polonia ci torna due o tre volte l’anno: “prima di venire qua sognavo le vacanze in Italia; adesso è il contrario”. è molto legata alla sua terra: “Se avrò bambini penso che resteremo qui, però i miei figli dovranno sapere il polacco e dovranno conoscere la Polonia”.
In Italia Barbara si trova molto bene: “non è stato difficile fare amicizia, gli italiani sono un popolo molto aperto, simpatico, a cui piace parlare, ascoltare storie, raccontare, vogliono sapere com’è la Polonia, si interessano.E poi viaggiano tanto, sono curiosi del mondo”.
Barbara dice di non sentirsi in concorrenza con le infermiere italiane “perché sono esattamente come in Polonia: c’è qualcuna che lavora meglio, qualcuna che lavora peggio o magari ha poca pazienza, dipende dal carattere della persona”.
In generale non si sente vittima di discriminazione, tranne per un episodio che mi racconta: “ho chiamato in radiologia, e la persona che ha risposto, appena ha sentito che ero straniera, anche non conoscendomi, ha subito detto che voleva parlare con qualcun altro”.
Alla domanda se le è mai capitato di dover assistere qualcuno, magari anziano, che parlava solo friulano, dice che le è successo, e allora bisognava chiedere aiuto ad altri colleghi. Ma questi pazienti non si lamentavano, anzi. “Ho imparato al corso di lingua italiana che dopo la guerra anche in Italia non si stava tanto bene, tante persone sono emigrate all’estero per lavoro. Allora tanti tra questi pazienti anziani dicevano: anch’io sono stato per lavoro all’estero, io ti capisco, non ti preoccupare. E questa è una cosa bella, che fa piacere.”