Ora che la prospettiva di una vendita ad Air France – KLM è sfumata grazie all’intervento di Berlusconi e alla rigidità dei sindacati, la Commissione europea difficilmente potrà autorizzare l’ennesimo prestito di denaro dei contribuenti per salvare Alitalia. Il finanziamento di trecento milioni da parte dello Stato, infatti, avrebbe potuto giustificarsi per consentire di traghettare la compagnia aerea verso un assetto proprietario ben identificato, credibile ed economicamente solido. In questo modo sarebbe toccato al nuovo proprietario, e non ai contribuenti italiani, farsi carico anche del nuovo debito.
Ma se in Italia c’è evidentemente ancora chi presta fede alle affabulazioni berlusconiane su una ipotetica o su un’ingresso di Aeroflot, a Bruxelles sono molto più cauti e vogliono vedere qualcosa di concreto prima di autorizzare il prestito. Anche perché la Commissione ha il fiato sul collo delle compagnie concorrenti, in prima Ryanair, cui un fallimento di Alitalia farebbe evidentemente comodo. E dunque Bruxelles non può spingersi troppo in là nel favorire la compagnia italiana, sotto pena di vedersi trascinare in Corte di Giustizia insieme con il governo di Roma. Questa considerazione dovrebbe essere ben presente anche a quei furbetti che, nella nuova maggioranza di destra, si illudono che la prossima nomina di un commissario italiano ai trasporti fedelissimo di Berlusconi possa risolvere tutti i problemi di Alitalia.
Quando Frattini divenne commissario alla Giustizia, dovette impegnarsi sollenemente a far passare il mandato di cattura europeo, contro cui il governo Berlusconi che lo aveva nominato si era battuto fino all’ultimo. E mantenne l’impegno. Il prossimo commissario italiano ai trasporti dovrà dare alla Commissione e al Parlamento europeo ampia garanzia di imparzialità sulle questione Alitalia. Il suo margine di manovra sarà paradossalmente ancora più ridotto di quello dell’attuale commissario francese.