Straniero ..

Temat przeniesiony do archwium.
Straniero sulla terra è colui che non trova pace, né luogo dove soggiornare, colui che ha sempre gli occhi rivolti al cielo e che si sente prigioniero sul pianeta. Egli ha sempre una forte nostalgia che non sa definire, si commuove se guarda le stelle e non riesce ad identificarsi con niente e nessuno. Egli si sente legato agli elementi naturali, ama i sassi, la terra, il fuoco, l'acqua, l'aria limpida e cristallina, gli alberi maestosi e il vento, gli oceani e i deserti sconfinati, tutte le forme di vita, anche le più piccole, ma tutto ciò è per lui fonte di continuo stupore, di meraviglia, come potrebbe essere meravigliato e affascinato un turista che visiti luoghi ameni e nuovi. Egli ne è attratto perché sente che il suo corpo è fatto con gli stessi elementi e quindi con loro si riconosce, ma solo in quanto elementi essenziali alla vita su questo pianeta e non come una cosa che rappresenti se stesso, poiché il corpo umano viene sentito come un veicolo stretto e limitante.

Lo straniero è un solitario, spesso un introverso che vorrebbe scappare sulle montagne più alte o sprofondare negli abissi marini. Ha sempre un certo fascino sugli altri ed è fortemente amato o odiato, non suscita mai indifferenza e se pur vive spesso con le persone, egli preferisce la solitudine. E' indipendente, sa bastarsi e può fare a meno di tutto e di tutti. Sa amare profondamente ogni cosa, un filo d'erba come un altro essere umano, ma può rinunciare a qualunque affetto e può ritirarsi dentro di sé senza perdere l'amore per il Tutto. Lo straniero vive nella terra di nessuno, non ha patria, né razza, né catene e non è neppure un cittadino del mondo perché egli si sente perso ovunque vada. Per lui non esistono differenze negli uomini o nei paesi, perché ogni paese lo affascina e lo respinge, perché ogni uomo è simile pur essendo troppo diverso da lui. Egli appartiene alla razza umana solo perché ne riveste l'abito, ma non riesce ad identificarsi con nulla e nessuno. Trascorre la sua vita tentando di scappare dal mondo, cercando altri spazi sconfinati e continua a porsi l'interrogativo: "Qual è il mio posto?", e percorrendo ogni strada non lo troverà mai. Lo straniero ha un carattere eclettico, si interessa di tutto, è affascinato dalla scienza e dalla tecnologia, ma non approfondisce mai nulla, impara ciò che gli serve esclusivamente per la momentanea necessità e poi passa ad altro, ha un'ottima manualità che preferisce usare solo a scopi pratici per la sopravvivenza quotidiana. Egli ha una elevatissima adattabilità e una enorme capacità di trasformazione e riutilizzazione di materiali di ogni tipo. Lo Straniero è senza tempo, egli vive costantemente il presente e non sa programmarsi il futuro, dimentica velocemente il passato e trasforma tutto in dati da elaborare al fine di imparare velocemente ciò che gli serve.

Lo straniero non appartiene a nessuno e non desidera che nulla e nessuno gli appartenga. Egli è vagabondo sulla terra, alcuni di loro senza pur mai rassegnarsi, cercano di trovare un adattamento, altri non ci riusciranno mai e rimangono vagabondi anche di fatto, oppure sconfinano nell'alienazione, altri scoprono e accettano il compito per il quale sono venuti. Lo Straniero ha un intuito sviluppatissimo che lo guida, ha doti telepatiche, comunica con l'universo e riceve indicazioni, egli sa di non poter decidere della sua vita, ma non tutti lo scoprono a tempo e seguono la strada indicata o trovano le indicazioni. Per lo Straniero possono trascorrere anche molti anni prima di comprendere il suo percorso, per questo, ogni tanto, altri stranieri indicano la strada. Allo Straniero è concesso di incontrarne altri, ma sta solo a lui riconoscerli e farsi riconoscere, non gli è concesso però la comprensione degli umani con i quali può vivere, ma non integrarsi. Allo Straniero non sono concesse certezze e sicurezze e se egli le crea, queste gli vengono distrutte, tolte e deve ricominciare a vagabondare. Egli va dove è atteso con una valigia in mano e vive di elemosine dall'universo. Non ha amici e parenti, ma è l'amico più affettuoso e leale, il figlio più amabile, il genitore più comprensivo ed è disposto a lasciare tutto e tutti per rispondere alla chiamata, perché egli non appartiene a nessuno ed è di tutti. Lo Straniero è un ribelle, anticonvenzionale e difensore della giustizia assoluta, non ha regole e religione e non conosce aggregamenti e partiti, lavora da solo pur trascinando anche le masse, spesso sconfina nell'utopia e viene sacrificato dagli stessi che ha difeso o per i quali ha lavorato.

Lo Straniero non comprende la sua realtà, è destinato a soffrire a lungo, la nostalgia di casa lo attanaglia per lungo tempo, non trova mai una sistemazione definitiva ed è vittima dei suoi mutamenti. Si sente diverso dagli altri e non comprende il perché; cerca costantemente delle risposte che non trova e viene attratto da tutto ciò che appare fuori dalla norma. Rifiuta schemi precostituiti, imposizioni, Maestri di ogni tipo, scuole e dottrine unilaterali, pur tuttavia continua la sua estenuante ricerca della sua verità. Per il mondo, spesso lo Straniero è un disadattato, un anormale, da emarginare o da emulare. Lo Straniero è un riformista, ma anticipa sempre troppo i tempi e non vive mai in contemporanea con i suoi simili. Ha grandi idee, spesso innovative o rivoluzionarie, ma manca totalmente di quel senso pratico prettamente umano che in genere consente poi, di attuare facendosi spazio forzatamente. Egli vive nel mondo delle idee che spesso regala ad altri. Esteticamente lo Straniero è spesso piacevole, attraente, ma fisicamente è quasi sempre limitato, come se facesse molta fatica ad adattarsi al corpo umano; più probabilmente egli non lo accetta mai completamente così, da essere egli stesso con il tempo, a creargli dei limiti.

La sua vita umana è in genere molto complessa, piena di ogni tipo di esperienze, spesso anche contraddittorie; infatti può rivestire i ruoli più strani, può fare l'umile facchino e poco dopo il mega direttore; si amalgama bene con qualsiasi ceto sociale, ma non rimane mai troppo a lungo nelle situazioni. Se lavora per ottenere qualcosa, che sia un oggetto, che sia un'idea, un progetto o altro, appena l'ha ottenuta perde di interesse e passa subito ad altro. L'unica cosa che non perde mai è la costante volontà di comprendere, di ricercare la propria strada, di tentare di tornare a casa. Da dove viene questo misterioso ed affascinante essere che sconfina nella follia degli eroi e dei martiri? L'universo è la sua casa e il suo viaggio non ha fine, poiché fino a quando esisteranno esseri deboli e sofferenti egli verrà inviato a soccorrerli. Egli è messaggero di una voce di pace e di risveglio e il suo unico bagaglio è l'Amore !!!
e propio cosi...lo straniero sono io....
Li copri tutti i campi in cui una persona si puo' riconoscere come straniero. Anch'io pur essendo anni luce lontano dal tuo pensiero, mi riconosco in alcuni passaggi dello straniero. Potevi anche scrivere, sono io "hallion", lo straniero, L'angelo mandato a soccorrere i deboli, e a portare l'amore sulla terra. Grazie hallion, ma per me rimangono parole....
Cytat: gian52
sono io "hallion", lo straniero, L'angelo mandato a soccorrere i deboli, e a portare l'amore sulla terra. Grazie hallion, ma per me rimangono parole....

Certo che rimangono parole, per essere l'angelo mandato a soccorrere i deboli e portare l'amore sulla terra occorrerebbe avere una buona concezione dell'amore.
Cytat: gian52
Li copri tutti i campi in cui una persona si puo' riconoscere come straniero. Anch'io pur essendo anni luce lontano dal tuo pensiero, mi riconosco in alcuni passaggi dello straniero. Potevi anche scrivere, sono io "hallion", lo straniero, L'angelo mandato a soccorrere i deboli, e a portare l'amore sulla terra. Grazie hallion, ma per me rimangono parole....

Abbiate fede e certezza, ed il regno dei cieli sarà vostro !!! disse con fermezza Gesu' ....
ed aveva ragione ... egli ci chiese di aver fede perchè effettivamente il credere fermamente qualcosa materializza il pensiero ... io lo chiamo "Forma Pensiero" ed è la piu' grande forza creatrice di cui è dotato l'essere umano (in quanto essere spirituale innanzitutto). Pensate alle piu' grandi e mirabolanti opere umane .. esse sono state realizzate secondo una possente forma pensiero, che si è servita di adeguati supporti per interagire con questa reatà fisica. La forma pensiero, così importante nel mondo fisico dove nascendo ed incarnandoci troviamo comunque una realtà precostituita, è addirittura predominante nelle varie dimensioni astrali (quelle dalle quali proveniamo) e nelle quali l'ambiente con il quale interagiremo dipenderà solo dalla creazione della nostra personale "forma pensiero". Dico questo, perchè il miscredente che è sicuro che morendo nel corpo fisico troverà il nulla, effettivamente lo troverà e resterà nell'oblìo per un tempo indefinito, chi avrà la certezza di trovare luce e calore ed un ambiente puro come nelle sue intenzioni, effettivamente avrà la capacità di crearselo attorno a sè senza alcuna interazione fisica.
Non vi è nè l'inferno nè il paradiso narrato dai dogmi religiosi, ma sia l'uno che l'altro sono già in noi. Il libero aritrio di cui siamo dotati ci darà la possibilità di scegliere sia come comportarci durante l'esperienza terrena (ma non basta definirsi brave persone, occorre molto di piu'), sia di scegliere cosa trovare dopo la rinascita spirituale alla morte dell'involucro fisico.
Mi dispiace halion, non riesco piu' ad avere fede, non ce l'ho con te, ma in generale. Troppe volte ho dato ascolto, (sicuramante alle persone sbagliate) non lo metto in dubbio. A volte nelle mie passeggiate, nel bosco in primis, mi capita di pensare alla meraviglia che mi sta intorno, ( e avendo come tutti gli italiani, delle basi cristane) il pensiero cade anche li, rimane un pensiero a se stante, dopo un attimo penso ad altro. Io sono dell'idea, che l'inferno o il paradiso, sia la vita di tutti i giorni, quello che si riesce a magnificare o maledire, a seconda delle circostanze. Oggi ho letto un blog sul Fatto Quotidiano ( www.ilfattoquotidiano.it ) di Cristiano Godano, e' interessante, perche' cita uno psicologo ungherese, Mihaly Csiksentmialyi, che e' arrivato a spiegare l'esistenza di un'altra dimensione gia' nel 1975. Prova a leggerlo se hai il tempo, ti troverai sicuramente a confrontarti con chi la pensa come te. Pozdrawiam i zycze powodzenia......Giovanni
C'e' un'altra fonte che ne parla piu' chiaramente, del concetto di flusso! it.wikipedia.org/wiki/Flusso_(psicologia).
Cytat: halion
Abbiate fede e certezza, ed il regno dei cieli sarà vostro !!! disse con fermezza Gesu' ....

Ma tu ci credi che Gesù era un essere semidivino?
"Nessun adulto sano di mente crede alle favole su Gesù bambino, ma non sono soltanto i bambini a credere alle storie su Gesù adulto. C’è veramente differenza fra i due personaggi, oppure sono entrambe figure mitologiche? Per poter rispondere a questa (come a qualunque) domanda, si devono distinguere i significati delle parole: nel caso specifico, per poter tirare le fila del discorso sulla religione occidentale bisogna dipanare la matassa che va sotto il nome «Gesù». Sul «Gesù storico» c’è poco da dire, letteralmente, perché di lui non ci sono praticamente tracce nella storia ufficiale dell’epoca: in tutto una ventina di righe nelle opere di Plinio, Tacito, Svetonio e Giuseppe Flavio, tra l’altro d’incerta interpretazione (il Chrestus di Svetonio) o dubbia autenticità (la lettera a Traiano di Plinio). Se dunque veramente Gesù è esistito, dev’essere stato irrilevante per i suoi contemporanei, al di fuori di una ristretta cerchia di parenti, amici e seguaci.

Naturalmente sarebbe ingenuo ritenere testi storici i Vangeli, come d’altronde è evidente per i libri sacri delle «altre» religioni. Ad esempio, nessun cristiano avrebbe difficoltà ad ammettere che il Ramayana è un’epopea letteraria, e che il dio Rama non è realmente esistito: il che non impedisce ai fondamentalisti indù di provocare non pochi guai e molti morti nel tentativo di smantellare la moschea di Ayodha che profana il supposto luogo della sua natività.

Certamente non è possibile argomentare a favore della storicità di un testo (sacro o profano) sulla base di una sua supposta concordanza con fatti oggettivi: ad esempio, l’ambientazione della Iliade è tanto veritiera da aver permesso a Schliemann di ritrovare nel 1873 le rovine di Troia, ma questo non autorizza a dedurre la veridicità del racconto della guerra, per non parlare dell’esistenza degli eroi e degli dèi omerici.

Per dirla più in generale con Popper, un testo (sacro o profano) non può mai essere «confermato» da concordanze con fatti storici o da riscontri archeologici. Può però essere «invalidato» da discordanze, che nei Vangeli non mancano: ad esempio, non si registrano nella storia ufficiale né la strage degli innocenti, né il censimento che avrebbero accompagnato la nascita di Gesù attorno all’anno zero (in particolare, il legato Quirino citato da Luca non arrivò in Siria che verso il 10 d.C.). Al più si può dire che i Vangeli stabiliscono una «storia parallela», scritta con espliciti fini di propaganda apologetica («affinché crediate»), che ad un certo punto s’interseca con quella ufficiale. Più precisamente, nella seconda metà del primo secolo, quando Domiziano inviò una commissione d’inchiesta in Galilea per indagare sulle origini del profeta i cui seguaci rifiutavano di adorare l’imperatore e gli dèi romani, furono trovati soltanto contadini e pastori abbruttiti dal lavoro, che vennero rilasciati senza imputazioni.

Sia come sia, il «Gesù dei Vangeli» è un personaggio estremamente variegato e non perfettamente definito: la biblioteca evangelica è, infatti, molto vasta e variopinta, e i quattro testi canonici (Matteo, Marco, Luca e Giovanni) ne costituiscono soltanto una minima parte, tra l’altro non completamente omogenea a causa di una serie di dettagli fra loro contradditori. I loro racconti sono per metà (Marco e Luca) di seconda mano, e risentono tutti del periodo storico in cui furono scritti: verso il 70 i primi tre e verso il 100 il quarto, dunque a ridosso dell’insurrezione contro i romani del 66 e della distruzione del Tempio del 70.

Poiché la vita del Gesù evangelico si situa tra il regno di Erode e la prefettura di Pilato, dev’essere iniziata entro il 4 a.C. e finita tra il 26 e il 36 d.C. Certamente egli non nacque il 25 dicembre, che è la festa pagana di Mitra e della resurrezione del Sole, tre giorni dopo la sua morte al solstizio d’inverno: come dice, infatti, il nome stesso, prima di riprendere la sua salita il Sole sembra fermarsi nel cielo.

Il legame del cristianesimo col Sole non è certamente casuale. Ad esempio, il 25 giugno, in cui si verifica l’analogo fenomeno relativo al solstizio d’estate, la Chiesa festeggia Giovanni Battista, e il 25 marzo, similmente collegato all’equinozio di primavera, l’annunciazione e il concepimento della Madonna. I dodici apostoli, così come i patriarchi e le tribù di Israele, costituiscono un ovvio riferimento alle costellazioni celesti. L’ostensorio mantiene i raggi, ma sostituisce l’ostia al disco solare innalzato nel rito di Mitra (dal quale prende anche il nome il copricapo dei vescovi). E la domenica è ancor oggi Sunday: «giorno del Sole».

Più generalmente, non sono casuali neppure i molti legami dei miti evangelici su Gesù con una serie di simili miti su altri eroi e divinità antiche: dall’Osiride egiziano al Krishna indiano, dal Mitra persiano all’Ercole greco. Si tratta, più precisamente, di tutte le supposte singolarità del personaggio: la verginità della madre («prima, durante e dopo il parto»), la strage degli innocenti, il blackout tra infanzia e maturità, l’esecuzione di miracoli e prodigi (dalla moltiplicazione dei pani alla camminata sulle acque), l’eucarestia (presente dal culto di Osiride ai misteri eleusini), la crocifissione (si veda il classico I sedici salvatori crocifissi del mondo di Kersey Graves) e la resurrezione (altrui e propria). Queste storie, dunque, stanno in piedi o cascano tutte assieme, e sarebbe provinciale voler credere a una sola tradizione (ovviamente, la propria), ma non alle altre.

Miti a parte, l’uomo dei Vangeli è sostanzialmente un ebreo dissidente e riformatore, che si rivolge esclusivamente ai suoi correligionari, e come tale fu percepito dai suoi primi discepoli. Lo storico incidente del 51 d.C. fra le comunità di Gerusalemme e di Antiochia, guidate da Pietro e Paolo, riguardò appunto la possibilità di convertire i gentili da un lato, e la necessità di imporre ai convertiti la circoncisione e le strette norme alimentari della legge ebraica dall’altro. La decisione finale fu che «Pietro avrebbe annunciato il Vangelo ai circoncisi, e Paolo ai pagani» (Lettera ai Galati, II, 9), e che a questi ultimi si sarebbe imposto soltanto lo stretto indispensabile: cioè, le leggi postdiluviane di Noè.

Il Gesù dei Vangeli è comunque molto diverso dal «Gesù della Chiesa», per vari motivi. Anzitutto, il canone dei quattro Vangeli stabilito nel Concilio di Roma del 328 esclude tutti gli apocrifi (una parola che, fra l’altro, in origine significava «segreto» o «occulto», e soltanto in seguito acquistò il significato apocrifo di «falso», secondo il motto di Origene: «Ecclesia quattuor habet evangelia, haeresis plurima», «La Chiesa di Vangeli ne ha quattro, di eresie molte»). In realtà, i Vangeli in origine erano tanti perché ogni comunità cristiana aveva il suo: soltanto con l’instaurarsi dell’ortodossia si rese necessario stabilire una versione «ufficiale», e si scartarono i testi che non si confacevano al progetto.

Inoltre, il Gesù della Chiesa si basa su una serie di integrazioni ai Vangeli: dai testi supplementari delle Lettere di Paolo (50-60 d.C.) e degli Atti degli Apostoli di Luca (85-90 d.C.), ai pronunciamenti dottrinali dei Concili codificati in una serie di dogmi. Le novità sostanziali introdotte da Paolo furono anzitutto la divinità di Gesù, e poi l’apertura del cristianesimo ai gentili: la prima Gesù non l’aveva mai rivendicata, e la seconda l’aveva invece sempre esclusa (d’altronde, il Messia era per tradizione un uomo destinato a regnare «terrenamente» su Israele). Ma furono ovviamente queste due innovazioni, in parte recepite dai Vangeli canonici, soprattutto nel racconto della resurrezione e delle sue conseguenze, a permettere al cristianesimo di diventare una religione potenzialmente universale.

Infine, l’esistenza stessa della Chiesa si basa su un radicale stravolgimento dell’insegnamento del Gesù dei Vangeli, che aveva sempre annunciato l’imminenza dell’avvento del Regno dei Cieli. I primi cristiani ci credettero, e vissero alla giornata nell’attesa della parousia, la sua seconda venuta. Ma col passare del tempo, quando videro che la supposta fine non arrivava in senso reale, si organizzarono e la interpretarono in senso metaforico come la venuta della Chiesa. L’ultima e più irreale incarnazione del mito è il «Gesù dei fedeli», che se lo immaginano come meglio credono, improvvisando liberamente sui temi proposti dalle fantasiose rappresentazioni artistiche e letterarie (spesso ispirate agli apocrifi, quando non semplicemente inventate) e abbellendoli con tutto ciò che fa loro comodo: perché, come si sa, la fede è cieca e non si cura di sottigliezze quali la verità storica, la verosimiglianza logica e l’ortodossia teologica. Per il credente, direbbe Feyerabend, everything goes, «tutto fa brodo».

E per la Chiesa anche, soprattutto quando serve a catturare gli allocchi. Come, infatti, confessò candidamente papa Leone X al cardinal Bembo: «Historia docuit quantum nos invasse illa de Christo fabula», «La storia ci insegna quanto ci abbia fruttato quella favola di Cristo»."
Temat przeniesiony do archwium.