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CRONACA
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Salvatore Ferranti, 36 anni, indagato per associazione mafiosa ha ottenuto i domiciliari
Con i suoi 210 chili di peso non poteva andare in bagno: non passava dalla porta
Nessuna cella lo contiene
scarcerato perché obeso
Nessuna cella lo contienescarcerato perché obeso
PALERMO - Ha ottenuto gli arresti domiciliari per i suoi duecentodieci chili di peso: nessuna cella è abbastanza capiente per Salvatore Ferranti, 36 anni, affetto da una forma patologica di obesità, indagato con l'accusa di associazione mafiosa come appartenente a uno dei clan fedeli ai boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
La scarcerazione è stata decisa dal tribunale del riesame di Palermo, che ha accolto la richiesta degli avvocati Raffaele Bonsignore e Giuseppe Giambanco. La procura, che aveva espresso parere contrario, non ha però fatto appello e la decisione non è più impugnabile in Cassazione.
L'obesità spesso non è compatibile con il carcere. L'ultimo caso balzato agli onori della cronaca risale a due anni fa: Aristide Angelillo, 42 anni, napoletano, detenuto nel carcere Don Bosco di Pisa dove stava scontando una pena per droga, dopo otto mesi ha ottenuto i domiciliari perché affetto da patologie cardiache e respiratorie dovute ai suoi circa 270 chili di peso: il suo stato di salute non si conciliava con i pochi metri quadrati in cui era costretto. La decisione in quel caso era stata affrettata da un clamoroso precedente: nove mesi prima nel carcere di Parma era morto Leone L.: aveva 32 anni e pesava 260 chili.
Diversa la vicenda di Salvatore Ferranti: il reato di associazione mafiosa prevede infatti sempre la custodia in un istituto penitenziario, a meno di gravissimi motivi di salute, e Ferranti malgrado i suoi 210 chili non era considerato "ammalato" oppure a rischio. I giudici hanno deciso però di concedergli i domiciliari perché nessuna delle quattro "case circondariali" che ha girato è stata in grado di assicurargli un trattamento che tutelasse e rispettasse la sua dignità umana.
A Palermo, nel carcere di Pagliarelli, il primo in cui era stato rinchiuso, il 9 agosto scorso, con l'accusa di far parte della famiglia mafiosa di Torretta, non c'era una bilancia dalla portata adeguata al peso di Ferranti. Il trasferimento a Pesaro aveva obbligato la direzione ad assegnare al detenuto un piantone, un agente di polizia penitenziaria che doveva occuparsi, notte e giorno, di aiutare Ferranti nelle sue necessità giornaliere, fisiologiche e di movimento.
Il nuovo trasferimento a Monza non aveva risolto i problemi. La direzione aveva scritto al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria: "Il detenuto non può dormire, non avendo un letto adatto al proprio peso, non può andare in bagno perché non passa dalla porta. Il sanitario fa notare che Ferranti è stato più volte soccorso dai medici di guardia, ma se fosse sopraggiunta la necessità di ricoverarlo non sarebbe stato possibile il trasporto".
Inutile la richiesta del Dap di costruirgli una cella adatta alle sue misure: ci vogliono "importanti e strutturali lavori di adeguamento", ha risposto il provveditorato regionale per la Lombardia dello stesso Dipartimento penitenziario. Inutile anche l'ultimo trasferimento nel carcere milanese di Opera: "Le condizioni di salute di Ferranti - conclude il collegio del riesame - non hanno trovato una degna sistemazione che abbia reso compatibile con la detenzione la grave obesità da cui è affetto l'indagato".
http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/cronaca/obeso-scarcerato/obeso-scarcerato/obeso-scarcerato.html