Beppe Severgnini,
Umberto Bossi, entrando in Parlamento: «Se la sinistra vuole scendere in piazza abbiamo trecentomila uomini, trecentomila martiri pronti a battersi». E verrebbero «con i fucili, che son sempre caldi». Risponde quell'altro genio dell'ex parlamentare no global Francesco Caruso: «Nel cuore del Sud ribelle ci sono trecentomila uomini con i fucili caldi che non aspettano altro che Bossi ci dica dove andarlo a prendere con i suoi sgherri padani».
Su Caruso, confesso, non ho speranze. Ma a Bossi, da lombardo a lombardo, voglio dirlo: se la pianta, ci fa un piacere. Anzi, fa un piacere a tutti gli italiani sparsi per il mondo, stanchi di sentirsi chiedere se il Paese è impazzito, se si trova sull'orlo della guerra civile. In particolare, fa un piacere a noi settentrionali: essere rappresentati come una banda di bruti è irritante. Perciò, Bossi, la smetta.
In campagna elettorale queste spacconate possono sfuggire (sarebbe meglio se non sfuggissero). Ma ormai il centrodestra ha vinto, il Parlamento è convocato, i ministri sono pronti. Quindi, Bossi: basta. Questa storia non fa più ridere.
Giovedì scorso, tornando da Oslo, avevo scritto "come spiegare la Lega Nord ai norvegesi": un movimento populista e popolare, non violento, coi suoi limiti e i suoi meriti. Da domenica sono in Germania (due incontri pubblici, a Tubinga e Stoccarda), e mi sono vergognato: il numero due di una coalizione di governo non deve parlare così. Se vogliamo diventare un Paese serio, cominciamo a parlare seriamente.
"Die drinnen, die Römer", sono pazzi questi romani. E' la frase più gettonata del momento, qui in Svevia: rubata a Obelix (!), ripresa dai giornali, ripetuta dalla gente. Non c'è disprezzo, ma incomprensione. Sono italiano, e credo di sapere perché il nord abbia scelto Bossi, i romani Alemanno, gli italiani Berlusconi. Ma, all'estero, le sparate leghiste, i postfascisti in Campidoglio e il ritorno del Cavaliere (con codazzo di amici, bellone e TV) hanno provocato sorpresa. L'Italia - a cominciare dai nuovi capi - deve rendersi conto che ha davanti un mastodontico compito di pubbliche relazioni.
Chiudersi in una permalosa autosufficienza mediatica è folle. E impossibile: il giochetto non è riuscito alla Polonia dei gemelli Kaczynski, figuriamoci se riesce a noi. Nel XXI secolo, se vogliamo vivere nel mondo, dobbiamo rispondere al mondo. Se giornali e telegiornali italiani dovessero oscurare critiche e ironie internazionali, per non dispiacere a chi comanda, farebbero un pessimo servizio agli interessati, e a tutta la nazione (i primi segnali, purtroppo, non sono buoni).
Non ci credete? Chiedete a qualsiasi connazionale abbia messo il naso fuori d'Italia (uomo d'affari o d'azienda, diplomatico, accademico, studente, viaggiatore attento): vi dirà come stanno le cose. In tempo di internet e satelliti le battute viaggiano, soprattutto le più infelici. Iniziare una stagione politica evocando violenza e fucili, e proponendo di nazionalizzare Alitalia (la Tirrenia dei cieli?), non è un buon esordio. Proprio no.
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