riporto un articolo di Beppe Severgnini apparso su “Io donna” (un allegato del Corriere della Sera che esce il sabato) che la dice lunga sullo stato di
malessere in cui versa il nostro beneamato congiuntivo:
“LA SALUTE DEL CONGIUNTIVO
Cosa succede al congiuntivo? E’ moribondo. Omicidio, suicidio o evento accidentale? Niente di tutto ciò. Credo si tratti della conseguenza logica di un fenomeno illogico. Sempre meno gente, quando parla, esprime un dubbio; quasi tutti hanno opinioni categoriche su ogni argomento (vino e viaggi, sesso e sentimenti, case e calcio). Pochi, per esempio, dicono: “Credo che il Milan sia favorito”. Molti invece affermano: “Credo che il Milan è favorito” (i milanisti, sognando lo scudetto; i tifosi di altre squadre, pensando a certi gol misteriosamente annullati). La crisi del congiuntivo, quindi, non deriva dalla pigrizia, ma dall’eccesso di certezze. L’affermazione “Speravo che portavi il gelato” non è solo brutta; è arrogante (“Come si permette, questa, di venire a cena senza portare il gelato?”). La frase “Speravo (che) portassi il gelato” è invece il risultato di una piccola illusione, che segue una delusione contenuta e filosofica. Accade che la gente dimentichi di portare il gelato. La crisi del congiuntivo coincide con il tramonto di verbi quali “penso”, “credo”, “ritengo”. Pochi oggi pensano, credono e ritengono: tutti sanno, e comunicano. L’assenza di dubbio è una caratteristica della nuova società italiana. A furia di sentirci dire (dalla pubblicità, dalla TV, dalla politica) che siamo belli, giusti e simpatici, abbiamo finito per crederci. Il risultato è che le conversazioni si sono trasformate nello scambio di comunicati emessi dall’ufficio-stampa che ognuno di noi si porta nella testa. Non solo. Chi esprime un po’ di cautela (con relativo congiuntivo) rischia di passare per insicuro. Non da oggi, in verità. Ricordo il mio esame per diventare giornalista professionista, a metà dei remoti anni Ottanta. Durante la prova orale, iniziavo ogni risposta con “Credo che sia…”, “Mi sembra si tratti…”. Il commissario s’è irritato: “Smetta di dire credo e mi sembra. Le cose le sa o non le sa”. Gli ho risposto che vivevo in un paese (l’Inghilterra) dove dicono “I believe…” prima di dirti che ore sono: l’orologio potrebbe essere fermo. Mi rendo conto d’aver sbagliato. Gli orologi degli “scongiuntivati” vanno sempre. E’ la testa, ogni tanto, che si ferma.